Per descrivere in maniera appropriata il concetto di comunicazione di massa conviene fare una panoramica sul suo concetto e soprattutto sulla sua evoluzione.
Secondo Gustalle Le Bon nel suo “psicologia delle folle” (1895) nella massa l’individuo perde la sua natura individuale ed entra a far parte di una collettività. Le sue azioni non sono più comandate dalla propria volontà ma bensì da un “anima collettiva”.
Le persone nella collettività, spinte da questa anima, agiscono in un modo completamente diverso rispetto ad uno scenario isolato ed individuale.
Entra in gioco quindi l’aspetto della massa come entità passiva. Tale caratteristica viene meglio analizzata e sviluppata da Sigmund Freud, secondo il quale la massa ha due caratteristiche principali: istinti primordiali(esempio la violenza) e la necessità di essere dominata. Emerge quindi il concetto di “capo”. Si aprono quindi studi di rapporti tra capo autoritario e carismatico verso una massa “passiva” e desiderosa di essere dominata. In questo scenario possiamo parlare di propaganda politica e dei suoi messaggi. Dopo Freud, Max Webber introduce il ruolo dello stato sostituendolo al singolo capo carismatico. Quindi la massa è soggetta ad una dominazione, riconoscendo un’entità più importante: l’“autorità”. Quest’ultima può essere: autorità del costume, di tipo dominazione di un capo carismatico e di dominazione per la legalità.
Successivamente, Karl Marx introduce un nuovo concetto nelle masse, la coscienza delle masse. Sotto lo stimolo di aggregazioni di persone (parliamo di proletariato) per beni ed obiettivi comuni, comincia a venir meno l’idea di una massa “passiva” ed emerge invece una coscienza e conoscenza di massa capace di attivarsi ed emanciparsi (massa “attiva”). Le masse con la loro mobilitazione si trasformano quindi in una forza politica.
Per introdurre il concetto di cultura di massa possiamo citare Hitler che descrive la massa non come un insieme di persone razionali ma bensì come dei bambini dubbiosi. Le masse sono un aggregato di persone diverse e di conseguenza con livelli culturali diversi, ma il fatto di partecipare alla massa e quindi ad una collettività, e non ad una individualità, fa unificare le culture. Non esiste più differenza tra la “cultura alta” e la “cultura bassa”. Le fasce di cultura diverse non rimangono separate, si uniscono e concorrono a creare un medesimo livello culturale omogeneo. Gli individui facenti parte della massa, e quindi “omologati” a livello culturale unico, accettano di eseguire comportamenti suggeriti dall’esterno. Se da una parte abbiamo visto le caratteristiche della massa di “unificare” la cultura, vi è anche un aspetto altrettanto importante, cioè l’aspetto dell’integrazione. Edgar definisce la massa come un serbatoio infinito di miti (amore, felicità, etc). Nelle masse questi concetti (i miti) nascono e vengono consumati.
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